And we'll run for our lives., Peter/Nathan, NC-17

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CAT_IMG Posted on 14/3/2008, 22:57

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Titolo: And we'll run for our lives
Fandom: Heroes
Characters: Peter Petrelli, Nathan Petrelli
Pairing: *respiro profondo* Peter/Nathan
Disclaimer: Non sono miei i due tesori qui, se lo fossero dubito farebbero mai cose del genere
Rating: NC-17
Warnings: incest, underage sex
Notes: Davvero, non ci sto credendo. *...* Sperando che non si senta offesa da una dedica del genere, questa è tutta per Fiore <333 Dire che sono soddisfatta di come è venuta sarebbe una gran balla, ma ci ho davvero messo il cuore e spero che ti piaccia, tesoro. Tra l'altro, pensavo al fatto che le volte in cui io faccio agire Nathan nelle mie fic già sono poche, e in media ha dieci anni. Quindi è stato uno shock vero e proprio XD ... e ovviamente, oh miei cari flisties, se siete per questa ship approfittatene, perchè dubito si potrà mai ripetere qualcosa del genere u.u
Grazissime al mio tesoro di sempre Ery per avermi betato la primissima parte e per la foto di Adri **.
Oh, e dimenticavo una cosa importantissima: i credits per il titolo e per il testo citato nella fic vanno tutti alla bellissima Run degli Snow Patrol, che mi ha ispirata tantissimo! <3

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And I can barely look at you
But every single time I do
I know we'll make it anywhere
Away from here

 

Diciotto anni di vita, una famiglia facoltosa e un numero di parenti assurdamente immenso. E non ti ricordi di essere stato ad alcun matrimonio, prima d’ora – o almeno, nessuno in cui avessi addosso qualcosa di diverso da una tutina per neonati o cose simili. E decisamente, non è nella lista delle cose che più ti piacerebbe provare.

Sbuffi, il mento affondato tra le braccia conserte sulla scrivania, lo sguardo oltre la finestra. Quando avevi quattro anni si è sposato Alfred, il fratello di tuo padre. C’erano tanti bambini, ma della tua età erano solo femmine, e a quanto pare anche noiose. E hai passato tutto il tempo con il muso e ad agonizzare dietro a tuo fratello, che si divertiva insieme ai vostri cugini più grandi. Non te lo ricordi, ma hai sentito tua madre raccontarlo a non sai chi, qualche volta.

Vorresti che qualcuno vietasse di sposarsi. O per lo meno, che lo vietassero a Nathan. Vorresti non dover vedere la sua faccia da schiaffi nel momento in cui verrà a dirtelo, e vorresti che l’avesse fatto prima. E non essere venuto a saperlo da tua madre, Cristo. Perché a lei non gliene può fregare un quarto di quanto importa a te, se Nathan se ne andrà.

Strizzi gli occhi. Sei troppo stanco per piangere, e non ne hai voglia. Magari lo farai più tardi. Magari lo farai quando sarai sicuro di trovarti ad almeno sei chilometri di distanza da lui.

Qualcuno bussa alla porta della tua camera, qualcuno che si prende il lusso di entrare senza aspettare la risposta. E ti basta sentire l’inconfondibile odore di dopobarba perché ti venga da vomitare.

Scatti in piedi, raggiungendo in un paio di ampie e furiose falcate la porta. Un braccio ti trattiene all’altezza dello stomaco.

“Lasciami” ringhi.

Cerca il tuo sguardo. “Peter, aspetta”

Lasciami

Nathan scuote il capo. “Ho bisogno di parlarti”

“E io ho bisogno di uscire da qui, cazzo!” riesci a spostare il suo braccio, ma ti prende per le spalle.

“Cos’hai, si può sapere?”

Puoi sentire il fuoco bruciarti negli occhi con una forza tale da essere quasi insopportabile.”Che cosa aspettavi a dirmelo, eh?!”

Deglutisce, inarcando un sopracciglio. “Ero venuto apposta”

“Ah, certo!” non puoi accorgertene, ma stai urlando. “Alla buon’ora Mister Petrelli si è svegliato, dopo aver incaricato nostra madre di dirmelo al tuo posto!”

“Non ho chiesto niente a nostra madre, Dio, Peter!” si passa una mano sul volto. “E non volevo che venissi a saperlo da lei”

“… ma hai fatto di tutto perché succedesse” e la tua voce è così amara da spezzarsi “lo sapevi che l’avrebbe fatto alla prima occasione”

“Adesso basta” entra e si chiude la porta alle spalle.

Prendi a fissare il pavimento, innervosito e frustrato. Se in passato qualcuno ti avesse mai detto che avresti finito per odiare la sua faccia, non ci avresti creduto.

“E’ solo questo il problema?”

Ha incrociato le braccia sul petto. Perché lui è Nathan Petrelli, buon Dio, e deve sempre fare finta di avere tutto sotto controllo. Compreso suo fratello.

Strabuzzi gli occhi. “S-… solo questo cosa?”

“Il fatto che non sia stato io a dirtelo”

Il semplice ripeterti mentalmente tutte le cose che vorresti urlargli in faccia è sufficiente a farti venire mal di testa.

 “No” tiri su col naso. “No che non lo è”

E lo sa benissimo. Riesci a leggerglielo in faccia. È anche colpa sua se siete immersi fino ai capelli in quel casino. Soprattutto colpa sua. Aveva solo da tirarsi indietro all’inizio. Aveva solo da essere fratello di qualcun altro, ecco.

“Ho capito” si passa una mano sulla bocca, considerando la situazione. “Sai, volevo chiederti di farmi da testimone. E pensa che stupido, avevo anche immaginato che ne saresti stato felice”

Chiudi gli occhi. “Non è vero, non l’hai mai pensato” emetti una flebile risata senza gioia. “Come faccio ad esserne felice. Non lo sei nemmeno tu”

Una profonda ruga gli solca verticalmente la fronte. “Perché vuoi farmi sentire in colpa a tutti i costi, Pete? Perché ce l’hai con me, posso concedermi il lusso di saperlo?”

L’urlo ti esplode in gola ancora prima che tu abbia il tempo di farlo uscire fuori. “Perché lo sei, in colpa, Nathan!” chiudi di nuovo gli occhi per non essere costretto a guardarlo mentre ti fa cenno di non gridare. “Lo sei, lo sei! E per quello che me ne frega puoi tenertele le stronzate sul testimone” riprendi fiato solo quando sei costretto a farlo, rendendoti conto che è almeno un minuto che non respiri. “Decidi di andartene da un giorno all’altro, come se le tue azioni non avessero nessuna conseguenza sugli altri…” sospiri sconsolato “su di me”

Nathan si guarda intorno, neanche sai cercando cosa. Forse l’ispirazione per dimostrarti che come al solito ha ragione.

“Peter, se… permettiamo che questa cosa che ci è successa ci impedisca di continuare la nostra vita” respira “… finiremo per odiare quello che c’è tra di noi. Io non voglio che sia così”

Abbassi lo sguardo. Davvero, non ci credi che non riesca a capire. “Okay. Stai cercando di dirmi che vuoi tagliarmi fuori. Che basta, va bene così” digrigni quasi i denti “Che ti sei divertito finchè hai voluto, e ade-…”

E la sua bocca è sulla tua. Prepotente e irrispettosa del male che hai al cuore e a tutto il resto, decisa e morbida allo stesso tempo, come ogni santissima volta.

Ogni singola cellula del tuo corpo ti supplica perché tu ti arrenda e gli dia il contentino, gli faccia capire che tu ci sarai sempre, non importa quanto fuori ti terrà da tutto il resto. E la lingua che ti accarezza rudemente il palato mentre Nathan ti tiene una mano tra i capelli e inclina il capo non è certo d’aiuto.

Eppure da qualche parte riesci a trovare il coraggio di spingerlo via.

Stai piangendo, ma per una volta non te ne frega niente.

“Dimmi cosa devo fare, Peter” chiude gli occhi. “Qualunque cosa”

“Vattene, Nathan” è appena un sussurro, ma dalla faccia che fa sembra che sia esattamente ciò che aveva previsto.

Si volta di schiena. Un passo verso la porta.

Da quando le scarpe di Nathan rimbombano così tanto contro il pavimento della tua camera?

Aspetti che muova il secondo passo.

Ma lo aspetti invano. Perché invece, Nathan si volta.

E odi leggere sul suo volto che sa come andrà a finire, odi saperlo anche tu, e odi volerlo con tutto te stesso.

Odi i tuoi piedi quando annulli la distanza tra di voi e questa volta sei tu a baciarlo.

Perché che vadano tutti a fanculo, adesso Nathan è lì, per te, e non vuoi privarlo di un motivo per odiarsi quando se ne sarà andato. Per sempre.

Ti accorgi delle tue mani che gli stanno sbottonando la camicia quando sei già arrivato a due bottoni dal fondo. Alcuni li hai anche fatti saltare, sentendolo sbuffare contro la tua bocca e intensificando il bacio per riportare la sua attenzione dove è giusto che sia.

“Su le braccia” ti sussurra rabbioso, ma mezzo secondo e te le ha già sollevate lui. Detesti quando lo fa, cazzo, non sei una bambola.

Getta a terra la tua maglietta e subito dopo la sua camicia, prima di spingerti sul letto.

Vorresti alzarti in piedi, sbatterlo sul materasso con la stessa forza, spaccargli il naso con un pugno e poi magari parlare del resto, perché davvero, non sei la sua bambola.

Ma anche questa volta sai che lo lascerai fare. Non lo priverai della sensazione di sentirsi tanto importante.

Ti inarchi contro di lui e gli graffi la schiena scolpita quando si butta su di te, baciandoti ancora. Cerchi di aprire di più la bocca per mordergli le labbra, ma il movimento secco con cui ti infila le mani nei boxer, trascinandoli via insieme ai pantaloni troppo larghi e stringendoti le natiche tra le mani, è sufficiente a far affievolire qualsiasi tua iniziativa.

Finchè non gli sbottoni i jeans con un impeto furioso e fai lo stesso che lui ha fatto con te, lottando contro la sua lingua come se quella in gioco fosse la tua stessa vita.

Lo stomaco ti sale in gola quando Nathan inizia a strofinare la sua erezione contro la tua, mettendo alla prova ogni singola goccia di dignità che ti è rimasta.

Poi inizi a non farcela più.

Lo giri violentemente di schiena, e non protesta – lo conosci, in fondo è pur sempre tuo fratello. Ti abbassi tra le sue gambe e glielo prendi in bocca, succhiando come un dannato e rischiando di soffocare quando lo senti gemere e sei scosso da un singhiozzo.

Dice ripetutamente il tuo nome, arpionando una mano tra i tuoi capelli, e ti ritrovi a pensare che forse un giorno gli mancherà poterti chiamare in quel modo, con quella voce.

Affondi le mani nella carne dei suoi fianchi, e Nathan ci mette meno del solito a venire contro la tua lingua e inondandoti la bocca.

Ti sforzi di mandare giù, ma è più amaro delle altre volte. Più amaro di qualunque altra cosa tu abbia mai mangiato o bevuto.

Fa schifo.

“E’ questo che vuoi?!” grugnisci senza nemmeno riprendere il respiro.

Le sue mani ti prendono da sotto le ascelle e ti tirano su, e un attimo dopo ti sta abbracciando. È già sudato marcio, e forse questo dovrebbe darti soddisfazione. In realtà rende solo le sue spalle incredibilmente scivolose. “Sssh. Peter, ti prego”

Mi preghi di COSA?!

Ti volti di schiena senza aspettare che sia lui a spingerti a farlo – sai che l’avrebbe fatto – e una manciata di secondi dopo lo senti muoversi alle tue spalle e sistemarsi a sua volta.

Ti appoggia una mano su un fianco e usa l’altra per iniziare a fare pressione con un dito, ma tu spingi subito contro di lui in maniera spasmodica.

Vuoi solo che la pianti di fingere di preoccuparsi per te e che il suo cazzo ti svuoti la testa da qualsiasi cosa almeno per un dannatissimo minuto, non è tanto difficile da capire, Cristo Santo.

Esita un attimo, sposta la mano e ti circonda la vita per attirarti più vicino.

Forse ha detto che ti ama, ma non ne sei sicuro al cento per cento. Sentirlo aprire bocca è stato sufficiente a farti perdere definitivamente la pazienza. “Cazzo, Nathan, muoviti”

Il momento in cui i spinge dentro di te è la solita fitta di dolore, ma passa quasi subito. Perché sei abituato, e perché saresti disposto a morderti un labbro o una mano fino a sanguinare pur di riuscire a rimanere rilassato – per quanto tu non lo sia per niente. Ma ti dà soddisfazione crederlo.

Quando prende a muoversi, inizia a masturbarti con urgenza. E come ti è già successo milioni di volte, il tuo corpo è improvvisamente diventato una dolorosa prigione, troppo piccolo rispetto a quanto grande ti senti, ti sembra di essere sul punto di scoppiare.

Nathan è forte, più del solito. Sembra voler arrivare più in profondità con ogni spinta.

“Ti sto… facendo… male?” butta fuori contro il tuo orecchio, ed è solo perché ti manca il fiato che non gli rispondi che no, non sei un moccioso, e poco importa che in realtà diciott’anni tu non li abbia nemmeno ancora compiuti.

“Sei… un dannatissimo… figlio… di puttana, N… Na-than…” agonizzi, la faccia premuta contro il cuscino che stai impregnando di lacrime e sudore.

Ti lascia un bacio tra i capelli troppo cresciuti, mentre con la mano libera sale ad accarezzarti languidamente il petto, finchè i capezzoli non si inturgidiscono contro le sue dita.

Un paio di respiri troppo forti persino per le tue stesse orecchie e ti svuoti contro la sua mano, stremato, perdendo la sensibilità del tuo corpo, non fosse per quel punto contro cui Nathan sta furiosamente battendo.

L’ultima spinta è, se possibile, ancora più forte delle precedenti, così tanto da farti tremare.

L’alito di Nathan ti solletica il collo ad intervalli irregolari, e chiudi gli occhi.

E alla fine arriva, l’attimo in cui speri di esserti sognato tutto.

 

Ma ti fa troppo male la testa per fingere di non aver pianto.

***

 

 

 

Qualcosa di umido prende consistenza contro la tua fronte, e apri gli occhi. Le tue labbra accarezzano appena il lembo di pelle alla base del collo, in mezzo ai ciuffi scuri e disordinati.

 

Quando Peter faceva la prima elementare un giorno era arrivato a casa piangendo. Diceva di essere l’unico tra i suoi compagni a non conoscere la storia di Peter Pan, per quanto si chiamasse come lui. Aveva insistito con te e con tua madre, ma alla fine eri stato tu a cedere. Gliel’avevi raccontata una sera prima che si addormentasse, sperando in cuor tuo che tuo fratello non fosse destinato a diventare uno di quei bambini patetici che soffrono come dei cani nello scoprire che quelle sono tutte stronzate.

I dolori da cui l’hai goffamente salvato non sono niente rispetto alla follia in cui l’hai trascinato. E non è vero che la colpa è di entrambi, non è vero che le cose si fanno in due.

Non quando tuo fratello è un ragazzino, e tu dovresti essere un uomo. L’hai sempre saputo fin troppo bene che la cosa giusta da fare non era dargli retta, ma prenderlo a ceffoni.

 

Pensavi che sarebbe stato possibile. Difficile, forse. Sicuramente. Ma possibile, tenere ciò che siete tu e Peter separato da tutto il resto, magari facendoti la vita che il mondo si aspetta di vederti condurre. Non sai dire come, ma pensavi di esserne in grado. Che un giorno avresti trovato il coraggio di lasciar perdere.

 

Il sole sta sorgendo oltre la finestra, e mai come ora ti è sembrato di aver capito qual è stato il tuo errore.

Perché non si può tagliare una gamba ad un atleta e pretendere che continui a correre. Neanche dandogli le ali.

E adesso sono cazzi tuoi.

 


Louder, louder
And we'll run for our lives
I can hardly speak I understand
Why you can't raise your voice to say

Slower, slower
We don't have time for that
All I want is to find an easier way
To get out of our little heads

Run – Snow Patrol

 
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.ZooeyDriver.
CAT_IMG Posted on 15/3/2008, 12:32




tesoro! non dire che non sei soddisfatta! Hai preso il sentimento, complimenti!**
 
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CAT_IMG Posted on 15/3/2008, 14:36

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Grazie Zoinaaaaah ** woah, mi fai molto felice! ;____; E' che non essendo abituata è statoun po' uno stravolgimento XD
 
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.ZooeyDriver.
CAT_IMG Posted on 15/3/2008, 18:44




davvero, è un commentino del cavolo, ma per me significa molto! Brava kimmy!<3
 
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3 replies since 14/3/2008, 22:57   181 views
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