A simple kind of life [gen], Nathan, wee!Peter

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CAT_IMG Posted on 19/3/2008, 00:59

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Le mie due stelline-ine-ine belle belle che colpiscono ancora ** <--- scusate, è l'ora


Titolo:
A simple kind of life
Fandom: Heroes
Characters: Peter Petrelli, Nathan Petrelli, Angela Petrelli
Pairing: nada, gen
Disclaimer: Le stelline don't belong to me u.u
Rating: G
Notes: un po' di wee! che non guasta mai. E' una scena che mi è venuta in mente proprio per caso, senza contare che quando ero piccola mi è successa la stessa cosa che è capitata a Peter (ma nel mio caso non c'era Nathan ;___;). Tanto per ambientarci, Peter ha cinque anni e mezzo, Nathan 17.

<div class="ljcut" text="Hai fatto la R al contrario">

Nathan si nascose il pacchetto di sigarette in tasca quando sentì il rumore di passetti fin troppo conosciuti avvicinarsi lungo il corridoio: con tutto il bene che poteva volergli suo fratello (forse non quanto gliene voleva lui, ma quasi), aveva ancora una discreta incapacità di tenere la bocca chiusa nei casi in cui andava fatto, e una spifferata del genere avrebbe senza dubbio contribuito a far vacillare pericolosamente la promessa di sua madre di concedergli un mese in Inghilterra se il diploma in arrivo fosse stato ‘soddisfacente’.

E come avrebbe potuto prevedere, una manciata di secondi e si ritrovò davanti quel metro abbondante tutto capelli e occhioni, con tanto di quaderno aperto penzolante da una mano e una matita nell’altra.

“E’ giusto?” chiese impaziente il bambino, schiaffandogli davanti alla faccia una pagina piena zeppa di ‘PETER’ scritti puntualmente con la R al contrario. Nathan si costrinse a rimanere serio, ma era alquanto difficile: il rapporto del suo fratellino con alcune lettere continuava ad essere drammatico - anche se nessuna superava il livello di tragicità e ferite all’orgoglio del piccolo Peter quanto la R, che tra l’altro era presente sia nel suo nome che nel suo cognome. Cinque anni e mezzo e un mese scarso dall’inizio della prima elementare, era stata sua madre ad insistere perché diventasse uno di quei bambini superiori alla media che arrivano tra i banchi già capaci a scrivere, e Peter e quel sorriso storto che nessuna legge fisica riusciva ancora a spiegare si erano dimostrati da subito più che entusiasti della cosa. Lui, Nathan, continuava ad essere convinto che fossero stupidaggini, e quando la donna gli aveva fatto presente che anche a lui, dodici anni prima, era toccata la stessa (e triste) sorte, si era scoperto sollevato dal non ricordarselo.

“… hai fatto la R al contrario”

“Dove?”

“In tutte, Peter, non vedi che sono uguali?”

Il bambino mise il broncio. “Me l’ha detto mamma che si fa così”

Nathan inarcò un sopracciglio. “Sicuro?”

“Sì! Non ci credi? Chiedilelo”

“Chiediche…?”

Peter lo afferrò per un braccio. “Chiedi-le-lo! A mamma!”

Nathan sbuffò per mascherare una risata. “Chiediglielo, Peter”

“Eh! Io cosa ho detto? Chiedi-…”

“Va beh, lasciamo perdere”

Il bambino si sedette sul divano accanto al fratello. “Adesso scrivo anche il tuo”

Nathan si grattò la nuca. “Uhm, è difficile, eh. C’è l’acca”

Peter gli rivolse un sorriso smagliante. “La so fare! … guarda qui” e così dicendo – tenendo in mano la matita in una maniera assurda, tale che Nathan davvero non riusciva a spiegarsi come facesse a non sfuggirgli – tracciò un’acca confusa, con entrambe le sbarrette storte.

“Ecco”

Nathan annuì. “Va bene, fai pure, allora”

“Mh” il bambino ci pensò su un attimo. “Enne, a, ti, a, enne… ?”

“… con l’acca, te la sei già dimenticata”

Peter lo guardò male, prima di tirare su il quaderno in modo che il fratello non potesse vedere e scarabocchiare qualcosa, più concentrato che mai. “Non spiare”

Nathan alzò gli occhi al cielo. “Hai la faccia incollata al foglio, Pete, come faccio a spiare?!”

“Ecco, guarda. Te lo dicevo che ero capace” Peter gli mostrò il quaderno con un’espressione più orgogliosa che mai, e questa volta, davvero, Nathan proprio non ci riuscì a rimanere serio.

La scritta era enorme, più grande di tutte le altre, ed era pronto a giurare che il bambino si fosse pure impegnato per scriverla particolarmente ordinata. Il problema è che ‘HNATAN’ era una di quelle cose che era indispensabile avere uno scricciolo del genere a girare per casa ventiquattro ore al giorno per comprenderle.

“Che ridi!” esclamò indignato Peter, incrociando le braccia sul petto.

“L’acca non la devi mettere lì” spiegò il fratello, cercando di smettere di ridere.

“E se non me lo dici!”

“Qui, guarda” Nathan gli indicò lo spazio tra la ‘t’ e la ‘a’. “Deve stare qui”

Peter sembrò prendere in considerazione la situazione. “E poi è giusto?”

“Mh mh” fece Nathan annuendo, facendo spuntare un piccolo sorriso sul volto del fratellino. Che si sarebbe rimesso a scrivere, non fosse stato per il rumore di tacchi che si era fatto improvvisamente vivo dietro la porta, che lo fece sbiancare.

Un attimo dopo, Angela Petrelli li aveva raggiunti, facendo balzare Peter con entrambe le gambe sul divano, prima che si accoccolasse contro il braccio del fratello.

“Dai, tesoro, facciamo in fretta” fece la donna accondiscendente, ma Peter si ritrasse ancora di più.

“No, no, no! Ti prego…”

Nathan sgranò gli occhi, prima di guardare sua madre e poi suo fratello. “Che succede...?!”

Peter riemerse, una smorfia di puro orrore dipinta in volto. “Mamma vuole legare il mio dente alla maniglia e sbattere la porta!”

Angela alzò gli occhi al cielo. “Posso sapere chi è che ti racconta queste stupidaggini?”

“Papà dice che quando era piccolo lui si faceva così” piagnucolò il bambino.

Il più grande guardò sua madre con una smorfia accigliata. “Cos’è questa storia?”

La donna sospirò rassegnata. “Non vorrai mica credere a tuo fratello. Dobbiamo solo togliere il dente che gli si muove, c’è l’altro che sta crescendo sotto”

“Ma fa male!”

“Peter, vuoi andare dalla dottoressa e fartelo fare da lei… ?”

Il bambino scosse furiosamente la testa, e Angela lanciò a Nathan quello che a suo figlio piacque interpretare come uno sguardo di richiesta d’aiuto. “E dai, Pete, con la bocca che ti ritrovi non vorrai che ti cresca anche un dente sopra l’altro, vero?” rise, cercando di minimizzare. “Quello farebbe veramente male, più di fartelo togliere adesso”

Di tutta risposta, probabilmente sentendosi abbandonato anche dal’unica persona su cui contava, Peter affondò la faccia nel cuscino. Blaterò qualcosa di confuso, tra cui suo fratello riuscì ad identificare solo un ‘è più storta la tua’.

“Vado a telefonare alla dottoressa” fece la donna provocatoria, facendo balzare Peter a sedere.

“No, quella non la voglio”

Angela annuì paziente. “Bravo, allora ascolta mamma”

Il bambino scosse veementemente il capo. “Solo se lo fa Nathan”

Il fratello spalancò gli occhi, terrorizzato. “Che… ?! No, Pete, fai come dice mamma. Non sono capace”

“Allora me lo tolgo io” e si mise una mano in bocca, tramutando in orrore puro la faccia di Nathan. “No, Peter, lascia stare…” cercò lo sguardo di sua madre, e tutto ciò che ricevette in cambio fu un’occhiata alquanto insistente.

“Mamma, davvero, gli faccio male”

“… possiamo finirla, una buona volta?” fece la donna esasperata.

Il modo in cui serrava così insistentemente le labbra scarlatte quando era nervosa – o peggio, incline all’arrabbiatura, l’arrabbiatura marca ‘Angela Petrelli’ - era il chiaro allarme rosso che Nathan temeva, e facendosi coraggio si voltò verso il fratello.

“Dai” fece riluttante “… apri”

Peter spalancò la bocca in tutta risposta, e il ragazzo ci infilò delicatamente due dita dentro, guardando attentamente. Chiuse il pollice e l’indice intorno al dente che cercava quando l’ebbe trovato, prima di cercare gli occhi del fratellino coi suoi.

“Non è che mi mordi la mano, adesso, vero?”

Peter scosse il capo, per quanto gli fu possibile, e Nathan piegò il capo per vedere meglio. Si fermò un attimo quando si accorse del pugnetto del bambino stretto convulsamente attorno al proprio polso. “Guarda che puoi respirare” fece, e gli scappò da ridere.

Ma gli occhi di Peter erano sempre più insistenti, così come l’ombra di sua madre alle sue spalle.

“Pronto?”

Peter annuì leggermente, prima di serrare forte gli occhi.

E trattenendo il respiro a sua volta, Nathan tirò con un colpo secco.

“Ahia!” esclamò Peter subito dopo, coprendosi la bocca con entrambe le mani, ma quando vide il dente sul palmo della mano di Nathan non potè che sospirare sollevato.

“… che schifo” fece poi con una smorfia, guardandolo più da vicino.

“E’ un dente, ne hai circa altri venti in bocca. Facci l’abitudine” lo ammonì bonariamente il fratello, scompigliandogli i capelli. “Lo vuoi?”

Il bambino ci pensò un attimo su, prima di allungare la mano e rigirarselo un paio di volte.

“Grazie… grazie, Nathan. Vado a telefonare a Victoria” fece Angela a Nathan, prima di dileguarsi dalla stanza.

Il più grande dei suoi figli fece per fare lo stesso, ma Peter lo trattenne per un braccio. “Ehi”

“Mh?”

“… te lo regalo” gli porse nuovamente il dente.

Nathan scosse solennemente il capo. “Non se ne parla, questo è importante. Devi tenerlo tu”

Peter si fece improvvisamente più serio e preoccupato. “Senti” abbassò la voce, costringendo Nathan ad abbassarsi un po’. “Ma è vero che bisogna portarlo alla dottoressa?”

“Il dente?!”

“Eh”

Il ragazzo sbuffò. “Ma chi ti ha detto questa cavolata? È tuo, fanne ciò che ti pare”

“… davvero?”

Nathan rise. “Mi chiedo proprio come fai a sognartele, alcune”

Di colpo il faccino di Peter sembrò illuminarsi. Non era più così tanto preoccupato di mantenere basso il volume della voce. “Chi è Samantha?”

Il ragazzo sbattè un paio di volte le palpebre. “Chi… ?”

“Samantha” il bambino sorrise ampiamente, mostrando bene il dentino mancante. “C’è scritto nella lettera che c’hai nel comodino”

Nathan ci pensò su un attimo, prima di guardare il fratellino per un paio di secondi senza dire niente. Poi, come se niente fosse stato, gli passò una mano dietro la schiena e se lo caricò su una spalla, facendo sì che iniziasse a sgambettare e dimenarsi disperatamente. “Nooo!! Nathan, ti prego, Na-Nathaaan!!! No, il solletico non vale… Nathan!!”

Sentendo Peter ridere il ragazzo rise a sua volta, intensificando il solletico.

“Così impari ad andare a frugare nel mio comodino, marmocchio che non sei altro”

“… va bene, Nathan, non lo faccio mai più… mettimi giù, ti prego!!”

“Prega, prega, intanto stai buono che magari con quella finestra che adesso ti ritrovi la bocca prende un po’ d’aria e ti si raddrizza”

Peter prese a colpire coi pugni la schiena del fratello. “Tanto tu hai le gambe storte! L’ha detto mamma”

Nathan si fermò. “Di’ un’altra volta ‘l’ha detto mamma’ e ti butto giù dalla finestra”

Peter rise. “Tanto volo!”

“Okay, allora. Proviamo”

<p class="MsoNormal">Noooo!
 
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