They suck us dry (Nathan/Peter), Five Years Gone AU

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CAT_IMG Posted on 14/6/2008, 17:13

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FIRST: buonerrimo ventunesimo e coccoloso compleanno, <lj user="fiorediloto"> ! <333333

Titolo:
They suck us dry.
Fandom: Heroes
Characters: Nathan Petrelli, Peter Petrelli, e... 'nzomma, lo scoprite poi :P
Pairing: Nathan/Peter molto very much implied
Disclaimer: No, non sono miei. E il titolo e le lyrics citate sotto sono tratti dalla bellissima We Are di Ana Johnson - secondo me la più azzeccata colonna sonora di Five Years Gone che esista nell'universo.
Rating: R
Warnings: Angst. Angst. Angst. An- ops, disco inceppato.
Spoilers: fino all'episodio 1x20, Five Years Gone
Notes: La fic che ho scritto per il compleanno di Fiore <33333 Grazie mille alla mia speedy-beta Ery :wub:
E' ambientata nella storyline di FYG ed è un episodio che effettivamente ha luogo nel canon. Questa è diciamo la mia versione, ecco.

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See the devil on the doorstep now
Telling everybody oh just how to live their lives.

Lining up for the grand illusion
No answers for no questions asked
Lining up for the execution
Without knowing why.


You keep watching from your picket fence
You keep talking but it makes no sense
You say we're not responsible
But we are, we are
You wash your hands and come out clean
Fail to recognise the enemies within
You say we're not responsible
But we are, we are, we are.

What about the world today
What about the place that we call home
We' ve never been so many
And we've never been so alone.

<div align="left">

<div align="left">

Washington D.C.<o:p>

<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; font-family: "Times New Roman","serif";">Avresti davvero preferito che quell’insignificante colletto inamidato non ti facesse alcun resoconto dell’ultima, brillante intercettazione registrata per rendere onore al pezzo di carta che hai firmato un mese fa - un mese? Non pensi che abbia seriamente importanza.

Le scritte sui muri dei palazzi ingrigiti ti vogliono morto. Ti chiamano figlio di puttana e bastardo, quindi, per quanto ti riguarda, del tempo può anche occuparsene qualcun altro.<o:p>

Ma la prossima volta gli chiederai di non sbatterti in faccia la foto di un bambino di cinque anni strappato alla propria famiglia a causa della sua abilità di fondere il metallo – Dio, a volte ti sembra veramente tutto una colossale barzelletta.

Il bambino sorrideva, nella foto. Sorrideva come non sorriderà mai più, sorrideva come non si fa nei campi di concentramento. Sorrideva mostrando il dente che gli mancava, davanti ad una torta di compleanno. Aveva i capelli scuri, e sorrideva anche con gli occhi, che erano coperti da una frangia scomposta e spettinata. E tu hai solo sentito un crack lancinante spezzarti una costola realizzando quanto quella frangia fosse uguale a quella di un altro bambino. Quanto quel modo svergognato di ridere in faccia al mondo non ti fosse nuovo. O quanto quei cinque anni fossero gli stessi di chi ti si aggrappava ad una gamba implorandoti di convincere mamma a non mandarlo all’asilo, perché il grembiule era da femmina, il gabinetto puzzava di pipì e il sonnellino dopo pranzo lui non lo faceva mai.

A volte potresti giurare che la gente con cui hai a che fare non sia mai stata al mondo prima di questo. Che non sappiano che la vita può essere diversa, che quella a cui tu hai sputato addosso era un’alternativa migliore. Sembrano essere spuntati fuori come funghi, di punto in bianco.

A quanto pare sei l’unico a dover trasportare la zavorra di un passato, e sai che risponderesti di no a chiunque ti chiedesse di liberartene. Perché ti priverebbe della sofferenza, ma ti priverebbe anche di te stesso. Tu non sei nient’altro che quel ricordo sbiadito che ogni giorno sfuma un po’ di più.

Sospiri aggiustandoti la cravatta, e ti accorgi che stai fissando a vuoto le stelle bianche stampate sul fondo blu della bandiera davanti a te.

Una volta tuo padre ti ha detto che non è importante fare la scelta giusta piuttosto che quella sbagliata. Bisogna solo rendere giusta per se stessi qualunque scelta si faccia, senza rimpianti.

E tu non hai intenzione di rimpiangere niente. Ne andrebbe della tua stessa sopravvivenza. Non ne hai intenzione, nemmeno adesso che sei riuscito ad accettare il motivo per cui è tutto peggio, mille volte peggio di come avrebbe potuto essere. <o:p>

Perché c’è qualcuno per il quale una volta hai giurato che se mai questa stanza ovale fosse stata tua, l’avresti usata per rendere il mondo migliore.

L’avresti fatto per lui.<o:p>

Cerchi di pensarci il meno possibile. Di non fare mai i conti con la consapevolezza che dovunque sia, lui ti stia odiando.

<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; font-family: "Times New Roman","serif";">Peter.

E la tua schiena sbattuta su un materasso con troppa forza e troppa poca voglia di calmarsi. Peter e il gelato alla fragola che gli colava dalle labbra arrivando fino al collo, Peter e l’ultima parola che doveva essere sempre sua. Peter e i suoi sedici anni immolati sull’altare della vostra silenziosa oscenità, Peter e quell’abnorme carico di amore incazzato da donare al mondo.

Tra tutti coloro che avrebbero potuto trasformarlo in odio con nulla più che un battito di ciglia, se mai ti avessero detto che saresti stato tu non ci avresti creduto.<o:p>

Guardi la maniglia piegarsi ad una lentezza snervante, e quando chiedi chi è sei più atono di una voce registrata.<o:p>

Forse si tratta di una nuova guardia del corpo. Sai solo che è una faccia che non hai mai visto e che non ti interessa sapere a chi appartenga.

“Signor Presidente” l’uomo sembra incerto. Adesso che lo vedi meglio, ti appare decisamente troppo minuto per essere una guardia del corpo. “Suo… fratello desidera farle visita”

Le orecchie ti fischiano così forte che senti dolore. “Mio… dev’esserci un errore” ribatti alla disperata ricerca del controllo della situazione. Lo vedi scuotere il capo.<o:p>

“Ha detto che avrei dovuto insistere” specifica, evitando il tuo sguardo.

Insistere.

Ti si secca la gola. “Va bene. Digli che posso riceverlo”<o:p>

L’uomo scompare, mentre inizi a contare i secondi nell’attesa che la scena si riveli l’ultimo divertente scherzo della tua immaginazione.

Ne passano solo due prima che tu ti accorga che non può esserlo. Mai saresti arrivato ad immaginare quel volto squarciato. Ti fa male come se qualcuno stesse aprendo il taglio adesso, sulla tua faccia.

Ha i capelli tirati indietro, tenuti fermi, troppo fermi, come mai quei capelli dovrebbero essere. Non ti sembra possibile passarci le dita. È come se nessuno l’avesse mai fatto.<o:p>

Non si avvicina molto a te. Tu ti alzi e gli dai la schiena.

“Peter.” è un sussurro rauco, ma sai che può sentirlo.<o:p>

“Ciao, Nathan.”

Per un attimo non dice niente. Poi ti sembra quasi che stia ridendo.

“Coraggioso e onorevole, da parte tua.”

Leggi quasi del sarcasmo nella sua voce.

“Scusami?” ti giri appena, sbirciandolo con la coda dell’occhio.

“Parlare senza guardarmi in faccia.”<o:p>

La bocca che conosci più di te stesso è piegata in un modo che non hai mai visto.

“Perché sei venuto qui?”

Scrolla le spalle. “Tu cosa diresti?”

Esiti per qualche istante. Non sai dove voglia arrivare. Sai solo che non riesci a provare il fastidio che vorresti per quel volto.<o:p>

“Pensavo che mi odiassi.”

“Chi ti dice che non lo faccio?”<o:p>

Una stalattite ghiacciata si stacca dalla tua gola e va a conficcarsi nella parete del tuo stomaco. “Certo.”

Si guarda intorno, e per un attimo sembra l’orrida imitazione di un bambino in un parco divertimenti.

“D’altronde, capisco che qui in mezzo sia difficile preoccuparsi dei problemi degli altri.”

“Peter, risparmia il fiato” lo imploreresti se fosse necessario, ma sai che non servirebbe a nulla. “Lo so già”<o:p>

“No, Nathan.” gli occhi ardono di furia repressa. “Tu non sai un cazzo. Un cazzo di niente.”

“Allora dimmelo, Peter.”

Di colpo ti avvicini, come se non potessi più farne a meno. Gli appoggi una mano sulla spalla. “Dimmi il motivo per cui sei qui. Non sto aspettando altro.”

Sei così patetico da farti ribrezzo, ma non te ne importa niente. Un cazzo di niente.

Ti guarda come se fossi impazzito, e sei così vicino da riuscire a vedere in maniera spaventosamente nitida quanto la rabbia l’abbia reso mostruoso.

Poi si ritrae. “Non toccarmi.”

Senti una curiosa fitta alle tempie. Ti scuote la testa così forte che il dolore passa quasi in secondo piano.<o:p>

Ti volti nuovamente. “Credo che tu non abbia più niente da fare qui, Peter.”

Per un attimo non dice niente. Arrivi quasi a pensare che se ne sia andato davvero. Ma è solo un attimo. “Dopotutto è stato abbastanza facile.”<o:p>

<o:p>

Diresti che l’hai capito adesso, ma è nel capirlo che ti accorgi che forse l’hai sempre saputo. Forse cercavi solo di negarlo a te stesso. Almeno morirai nella consapevolezza che Peter non si è scomodato per venire a dirti in faccia quanto gli fai schifo.

La tua saliva si impregna del retrogusto amaro della fine.

Stai tremando, ma non hai paura. Non per te.

“Farò in modo che tuo fratello non lo sappia, Nathan.” è così compassionevole da suonare quasi dolce. “Almeno fino a tempo debito.”<o:p>

“… lavati la bocca prima di parlare di Peter, cane” ringhi con il fiato corto. <o:p>

Emette una risatina di scherno. “Sono queste le famigerate ultime parole di un uomo come te, Nathan Petrelli?”

Cerchi di non ascoltarlo, implorando quella che una volta era la tua vita di passarti davanti agli occhi come dovrebbe succedere in questi casi. Vuoi andartene provando anche solo lo spiraglio di un’emozione. Vuoi andartene respirando.

Avevi una moglie che ti voleva bene. E una madre che ti piaceva pensare ci provasse.

E poi c’erano loro. I tuoi figli. E lei. Lei di cui ti sei ricordato troppo tardi, che di colpo ti accorgi ti sarebbe piaciuto conoscere meglio, per vederci un po’ di te stesso. Vorresti potesse sapere che stai sprecando per lei qualcuno tra gli ultimi istanti che ti sono concessi.

<o:p>

È la prima lacrima che versi da tanto, troppo tempo – e ti detesti.

Lui.

Che, comunque vada, almeno non ti vedrà crollare.

<o:p>

“Immagino non serva a niente chiederti di fermarti.” butti fuori di colpo. Hai la voce più ferma di quanto avresti pensato. “Fermarti dopo di me, intendo.”

Nathan” sembra quasi divertito. “Tu non sei altro che la chiave per arrivare ai bersagli migliori. Fermarmi?!”

“Fammi indovinare. Fingerai di essere me?”<o:p>

Sbuffa. “Confesso che quello è il motivo principale per cui mi interessa ucciderti. Imparare a volare è una prospettiva allettante, ma diciamo che non è… esattamente tra le mie priorità. Se posso fare entrambe le cose, certo, ben venga.

Scuoti il capo. “Sei solo un pazzo.”

“… non che cambierà molto, in ogni caso. Non farò altro che portare a termine quello che lei ha iniziato, Signor Presidente. E se anche fossi stato tu stesso a farlo… non credo sarebbe passato molto tempo prima che anche loro finissero nel mirino. Tua figlia. Lo sai da quanto tempo corro dietro a tua figlia…?”

Senti il vomito salirti lungo l’esofago e vorresti fermarlo, ma non riesci a voltarti per guardarlo in faccia. <o:p>

“O tuo fratello.”<o:p>

Mio fratello ti apre il culo.<o:p>

“Falla finita, figlio di puttana.”<o:p>

Lo senti avvicinarsi di qualche passo. “Vincerò io, alla fine.” lo sussurra appena, puntualizzandolo quasi come se il tuo parere contasse qualcosa per lui.

Riesce a darti la forza di usare il tempo rimasto per pensare a quando Peter ci riuscirà. Dovunque sia, ci riuscirà.

<o:p>

Peter che corre verso di te sventolando il suo quaderno nuovo di zecca, Peter che cade dalla bicicletta e si rialza dopo mezzo secondo, perché deve riuscire a vincere la gara contro di te.

Peter che ti succhia la lingua come se ne andasse della sua stessa esistenza, che ti morde le labbra come un pazzo, Peter e le sue guance bollenti, Peter e il segreto sussurrato troppo forte e che non devi dire a nessuno.<o:p>

Il cranio e la pelle della fronte ti si spaccano in un concerto di schegge di vetro e metallo che cozzano dentro la tua testa. È uno di quei dolori che impediscono di urlare, o forse ti stordisce talmente tanto da renderti incapace di sentire le tue urla.

I rivoli rossi e collosi ti coprono la vista. Poi tutto diventa bianco.

E poi non c’è più niente.<o:p>

*

Las Vegas

Il tuo corpo prende pigramente coscienza del groviglio umido e appiccicoso di membra in cui sei malamente incastrato, mentre ti tiri su a sedere nel cuore della notte.

“Fanculo,” la tua lingua incespica contro i tuoi denti quando il mal di testa inizia a martellare impietoso contro le tue tempie, e strizzi gli occhi.<o:p>

Per un attimo pensi che sia stato quello a svegliarti, ma di colpo realizzi che non è così.<o:p>

<o:p>

Ti sei svegliato perché hai freddo. <o:p>

 
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